Amerai il Signore Dio tuo… e il prossimo tuo come te stesso
XV Domenica del T.O. anno C (Lc 10, 25- 37)
Con il Vangelo della xv Domenica del T.O., S. Luca ci presenta il dialogo tra Gesù e un dottore della Legge. Quest’ultimo voleva mettere alla prova Gesù, chiedendogli che cosa dovesse fare per ereditare la vita eterna. Gesù lo rimanda alla Legge e cosa fosse scritto, il dottore risponde subito: “Amerai il Signore Dio tuo… e il prossimo tuo come te stesso”. Il Signore già nella prima risposta di questo dialogo, lo rimanda all’incontro con Dio e con il prossimo.
Questi due comandamenti anche se simili, nello stesso tempo cambiano il soggetto: Dio e il prossimo. Amando Dio e lasciandoci amare da Lui, riusciamo e riusciremo ad amare i nostri fratelli. Importante non è conoscere la Legge a memoria, importante è l’Amore che ci viene incontro e ci riempie. Allo stesso tempo se dicessimo di amare Dio: San Giovanni ci ricorda che; “Se uno dice <<Io amo Dio>> e odia suo fratello è un bugiardo” (1Gv 4,20). Per tutti noi è fondamentale il rapporto filiale con il Padre, da cui attingere sempre per potere amare il fratello.
Il dottore incalza e chiede chi fosse il prossimo. Qui inizia la parabola del “Buon Samaritano”, cuore del Vangelo di oggi. Ebbene sulla strada che scende da Gerusalemme un giudeo viene aggredito da dei briganti, che lo lasciano a terra quasi morto. Da lì a poco per la stessa strada passa prima un sacerdote e poi un levita i quali vanno oltre. Da notare che sia il malcapitato, il sacerdote e il levita sono giudei: il sacerdote conosceva la Legge e sa qual è il suo prossimo; il levita poi si ritiene puro e quindi vicino a Dio, ma anche lui non vuole avere a che fare per non contaminarsi. Facciamo attenzione cari fratelli che non si è migliori perché apparteniamo a una categoria o indossiamo determinati abiti…….
Ma ecco un Samaritano (coloro che venivano condannati dai Giudei, come Atei e Peccatori e non bisognava avere a che fare con loro), sifermaglipresta le prime cure, lo unge con l’olio, gli dà del vino, lo carica sulla sua giumenta e lo porta dove possono curarlo meglio, lasciando anche dei denari con la promessa di ritornare.
Non è forse quello che ha fatto il Signore con noi? Lui che non aveva niente a che fare “con me-con te-con noi”, in quanto Dio? E invece ci ha fasciati, ci ha unto e ci ha donato il Suo sangue affinché noi vivessimo. Come ci ricorda S. Paolo nella seconda lettura di oggi ai Colossesi. Allora, lasciamoci curare se siamo feriti o in fin di vita, lasciamoci amare se non ci sentiamo amati o non riusciamo ad amare coloro che ci fanno del male. Se apriamo il cuore e la mente al Signore Gesù una volta guariti e riempiti del Suo Spirito, manderà anche noi ad accogliere e ad amare coloro che la vita ci pone difronte. Se riflettiamo un po’, alla fine non ci verrà forse chiesto come abbiamo amato i piccoli che abbiamo incontrato lungo la strada?
Eccoci alla fine del Vangelo dove troviamo il Signore Gesù che dice a me e a te:
“Và e anche tu fà lo stesso” (Lc10,37)
Ci aiuti la nostra Mamma del perpetuo soccorso, a non essere indifferenti (Malattia grave l’indifferenza) alla sofferenza e alle difficoltà dei nostri fratelli. Ma ad essere segni e testimoni con le opere nella nostra vita, nelle nostre case e nella vita dei nostri fratelli. Amen.
Diacono Alfonso Nitto