Attacco a Leopoli, la testimonianza di Caritas italiana
🔴 Articolo di Giulia Cerqueti su FamigliaCristiana.it
“Hanno centrato un edificio a 50 metri da quello dove viviamo noi, è stato uno shock”, racconta Viviana Calmasini, una delle operatrici di Caritas italiana in Ucraina, project manager di un progetto finanziato dall’AICS che si occupa di assistenza sanitaria e psicologica, distribuzione di viveri, kit igienici e farmaci per gli sfollati e per la popolazione locale in difficoltà.
Il conflitto in Ucraina diventa sempre più aspro, con attacchi da parte di Mosca sempre più serrati e massicci su tutto il Paese, non solo sulle regioni orientali, più prossime al fronte. Dopo il doppio attacco missilistico di ieri, 3 settembre, sulla città di Poltava, nell’Ucraina centrale, che ha distrutto parzialmente un istituto militare e provocato la morte di più di 50 persone, la scorsa notte la furia russa si è scatenata contro Leopoli, la città più a ovest dell’Ucraina – a 70 km dal confine con la Polonia – e la più europea di tutto il Paese. Gli attacchi missilistici hanno centrato edifici di un quartiere residenziali, centrale. Sette persone sono morte, fra le quali tre bambini, più di una ventina sono rimaste ferite.
Ad essere colpito è stato il quartiere nel quale vivono operatori ed operatrici di Caritas italiana in Ucraina: «L’edificio raggiunto dal missile è a cinquanta metri da casa nostra, di fronte al nostro palazzo», racconta, ancora profondamente scossa, Viviana Calmasini, 32enne trevigiana in Ucraina per Caritas italiana da sei mesi, che la notte scorsa quando è scattato l’allarme ha trovato riparo nel rifugio del condominio. «Il rifugio era pieno di persone e non è una cosa normale, già questo faceva capire che stata per succedere qualcosa di particolarmente grave. Eppure, non ci aspettavamo un’esplosione così forte e vicina e quando è avvenuta è stata uno shock. La paura per fortuna è poi passata presto». Prosegue: «In questo periodo c’erano stati altri attacchi, sempre nella regione di Leopoli. Ma erano generalmente diretti su paesi dove sono presenti infrastrutture importanti, non sulla città».
Calmasini è project manager di uno dei due progetti finanziati dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) che Caritas italiana promuove attualmente in Ucraina. «Uno si sviluppa nella regione di Kiev e in quelle più a Est, Poltava, Kharkiv e Dnipro. L’altro, del quale mi occupo io, è implementato in Ucraina occidentale, nella regione intorno a Leopoli, e nella zona di Kiev, Chernivtsi e in Moldova in collaborazione con le Caritas locali e con Cuamm-Medici con l’Africa. Il progetto è incentrato sulla medicina di base, sia come assistenza sanitaria che come supporto psicologico, c’è poi una parte che riguarda la distribuzione di viveri, kit igienici e medicinali. È un programma transfrontaliero, che si occupa sia dell’Ucraina sia dei rifugiati in Moldova, degli sfollati ma anche della popolazione locale, fortemente colpita al momento anche dall’inflazione che impedisce a tantissime persone di acquistare beni di prima necessità e farmaci, i cui prezzi hanno subìto un aumento folle. C’è sempre poi un’attenzione particolare per la disabilità, quelle croniche, precedenti alla guerra, e quelle provocate dal conflitto».
L’attacco su Leopoli segna sicuramente un’escalation del conflitto, commenta Ettore Fusaro, 49 anni, responsabile dei progetti di Caritas italiana in Ucraina, «dovuta anche all’incremento della conoscenza reciproca – tra esercito russo e quello ucraino – delle rispettive potenze belliche. I nemici si confrontano, imparano sempre di più a conoscersi a vicenda e di conseguenza gli attacchi sono sempre più potenti, mirati, massicci, dunque dannosi. Da due mesi ormai gli attacchi si ripetono tutte le notti: questo indebolisce enormemente non solo le difese militari ma anche gli animi e il morale, che è poi uno degli obiettivi della strategia russa. Sono aumentati gli attacchi alle infrastrutture, ai servizi, anche alle Ong. La dimensione del conflitto si allarga e. di conseguenza, aumentano gli obiettivi civili, oltre a quelli militari. Ogni mese lo scenario bellico cambia ed è difficile da interpretare».
Caritas italiana continua ad essere in prima linea al fianco della popolazione ucraina, a sopporto di Caritas Ucraina e Caritas Spes. Si lavora tanto sull’emergenza, una fase che non solo non è finita ma si è rafforzata. «La fase emergenziale è acuta ed è anche differente rispetto alle fasi iniziali di due anni e mezzo fa», continua Fusaro, «è un’emergenza che porta con sé tutte le conseguenze di un lungo conflitto. Una crisi di queste dimensioni comporta un intervento emergenziale importante, strutturato. Noi ci siamo, a sostegno delle reti locali delle Caritas, che stanno facendo un lavoro enorme al fianco delle Chiese greco-cattolica e latina, con tutte le fatiche conseguenti, i rischi di chi opera vicino alle zone del fronte, e anche di chi si prende cura della riabilitazione delle vittime della guerra e degli sfollati nelle altre zone del Paese». E aggiunge: «L’inasprimento della legge marziale limita in qualche modo la capacità di risposta, sia in termini di risorse economiche, sia in termini di risorse umane: abbiamo colleghi che hanno paura di svolgere le loro funzioni perché a rischio di essere chiamati alle armi. La situazione è molto complessa: è molto faticoso ora programmare sul lungo periodo, così come fermarsi e pensare quali siano le risposte giuste da dare».
Intanto, il Governo ucraino ha annunciato un ricambio di oltre il 50 per cento dei suoi ministri, dopo le dimissioni del ministro degli Esteri Kuleba – in carica del 2020 e figura centrale nelle relazioni diplomatiche con i Paesi europei e occidentali dall’inizio della guerra – che seguono le dimissioni di altri cinque ministri (due vice-ministre e i ministri della Giustizia, dell’Ambiente e delle Industrie strategiche, quest’ultimo responsabile della produzione degli armamenti).