La pandemia ha aumentato le disuguaglianze, a cominciare dalla diffusione dei vaccini
Quando il ciclone della pandemia sarà passato, quando il COVID – 19 sarà debellato o soggiogato dal vaccino e dall’immunità di gregge che mondo ci troveremo a dover affrontare? Le sfide che si pongono nell’immediato futuro debbono oggi trovare i presupposti che diano le risposte adeguate alla stessa sopravvivenza dell’intera umanità. La differenza la farà la diffusione dei vaccini ed il loro accesso per tutti.
La questione della disuguaglianza passa proprio dall’accesso ai vaccini, che non ha una valenza solo di carattere finanziario e di potere economico tra gli Stati, ma riguarda le diverse strutture e capacità dei sistemi nazionali. Per i paesi impoveriti questo sarà più complesso a causa del loro sistema di trasporto e della loro organizzazione logistica. Un problema su tutti, ad esempio, l’insufficiente disponibilità di celle frigorifere per l’immagazzinamento, conservazione e distribuzione, che in alcuni casi è inesistente.
A questo si sovrappone la questione dei sistemi sanitari nazionali, per la distribuzione e somministrazione della vaccinazione sul campo, nei tanti villaggi e piccole città disperse in vasti territori, dove sono assenti medici e personale infermieristico. In Guinea, Liberia e Sierra Leone – tre degli Stati, ad esempio, più colpiti dall’emergenza Ebola – la densità dei medici è di 4,5 ogni 100mila abitanti, mentre la media italiana è di circa 376 medici ogni 100mila abitanti.
Altra disuguaglianza è la diversa capacità produttiva di medicinali e di attrezzature medicali. Il mantenere nei propri paesi alcune produzioni di beni medicali può essere strategico, ma questo oggi è impossibile nei paesi impoveriti, dove non esiste una men che minima industrializzazione del settore sanitario e tutto dipende da costose importazioni dall’estero e dall’aiuto dei paesi più ricchi. D’altro canto, la poca capacità produttiva locale va ricercata nella progressiva concentrazione della ricerca e dello sviluppo dei beni per la salute in grandi imprese oligopolistiche sul mercato internazionale.
La cosiddetta “Big Pharma” comprende grandi multinazionali, che in questi anni hanno acquisito le aziende del farmaco di diversi paesi, accentrando il potere tecnico, produttivo, finanziario e decisionale. Oggi gli Stati devono trattare con loro per avere accesso al vaccino, in parte finanziandole con denaro pubblico. L’egemonia di questo colosso farmaceutico è ancora più evidente con la corsa dei governi nazionali a concorrere tra di loro per ottenere sia i migliori contratti che i vaccini al minor prezzo. Le divisioni tra gli stati di fatto stanno ancor di più indebolendoli, mentre cresce il potere di Big Pharma. I paesi impoveriti non possono partecipare a questa corsa. Sono fuori dal mercato.
Le diseguaglianze passano anche dalla difficoltà di ottenere le licenze di produzione per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini. Seppure i paesi impoveriti avessero capacità produttiva, si troverebbero a dover negoziare il pagamento dell’utilizzo dei brevetti, su un prodotto che apparentemente è riconosciuto come bene pubblico globale.
A tal proposito sono tante le iniziative che stanno nascendo per sensibilizzare l’Italia e l’Unione Europea e l’Organizzazione Mondiale del Commercio affinché gli Stati, in una situazione di pandemia e di difficoltà economica, possano produrre direttamente i vaccini, farmaci salva-vita, come farmaci generici, scavalcando così l’esclusività dei brevetti, considerando i vaccini anti-covid un bene comune per l’umanità.
La questione fondamentale è l’ingiustizia sociale globale, derivante dalla crescente concentrazione nelle mani di poche grandi multinazionali del potere tecnico, economico e finanziario. Si tratta di un problema di democrazia internazionale. Gli Stati dovrebbero accrescere la capacità di regolazione internazionale e di mobilitazione finanziaria per sostenere i sistemi sanitari pubblici e la crescita di imprese nel settore della salute anche nei paesi impoveriti. Ciò non dovrebbe essere pensato come un’azione di mera assistenza o più banalmente come elemosina. Il diritto alla vita è alla base della convivenza umana di tutti.
La questione posta dai vaccini e del loro accesso per tutti e non per pochi mette in evidenza le mancanze e le distorsioni del sistema globale che fin qui ci ha governato. Bisogna allora cogliere l’opportunità mettendo in pratica quanto indicato da Papa Francesco nella Laudato Sì «Affinché sorgano nuovi modelli di progresso abbiamo bisogno di “cambiare il modello di sviluppo globale”, la qual cosa implica riflettere responsabilmente “sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni”» (LS, n. 194).
Sempre con la consapevolezza «di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti» (FT, n.32).
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